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in base a dati approssimativi. Chi, in passato, si dedicò fra noi, con par-
ticolare passione, a questo problema di archeologia navale, fu il genovese
comandante Enrico Alberto D'Albertis, ammiratore profondo della gesta
del suo Grande Compatriota, tanto da rifare, per omaggio alla di lui me-
moria, il tragitto del viaggio di scoperta, recandosi nel 1892 in devoto pel-
legrinaggio all'isola di San Salvador, col suo piccolo yawl « Corsaro» di
appena 50 tonnellate di registro.
Le cifre del D'Albertis, frutto di studi e ricerche laboriose, servirono
per la ricostruzione delle caravelle colombiane in occasione della celebra-
zione del IV Centenario della Scoperta (1892). Fu assegnata alla Finta
la lunghezza di m. 25,20, la larghezza massima di m. 7,26, l'altezza di
puntale di m. 3,36, con una stazza lorda di circa 154 tonnellate moderne.
La Finta ebbe ponte di coperta, castello di prua e cassero, nonchè attrez-
zatura a vele latine in tutti e tre i suoi alberi.
Alla Niña fu assegnata la lunghezza di m. 24,08, la larghezza mas-
sima di m. 7,28, l'altezza di puntal e di m. 3,38, con una stazza lorda
pari a circa 147 tonnellate moderne. La Niña ebbe ponte di coperta e
solo cassero a poppa. La sua attrezzatura fu, dapprincipio, a vele latine
in tutti e tre i suoi alberi, ma, in seguito, subì una radicale trasformazione
all'apparato velico.
Alla Santa Maria: lunghezza m. 26,32; larghezza m. 8>40 alla sezione
maestra; altezza di puntal e m. 4>48, con una stazza lorda di poco supe-
riore alle 250 tonnellate d'oggi. Essa ebbe ponte di coperta, castello di
prua e cassero, e la sua attrezzatura fu mista, in quanto che portò vele
quadre ai due primi alberi (trinchetto e maestra) e vela latina all'albero
poppiero (artimone). .
È ovvio aggiungere che altri studiosi di storia colombiana e della Sco-
perta diedero alle tre navi dimensioni diverse. Fra i tanti, citiamo il nostro
De Lollis e il comandante francese Charcot.
Dai brevi cenni che sono stati qui riportati, sia per il tipo caravella,
in genere, sia, in particolare, per le navi dell'armatella di scoperta, si può
rilevare che sbagliano di grosso quegli storici i quali, affidandosi cieca-
mente ad una tradizione irragionevole, nonchè propendendo, per natu-
rale inclinazione, al vezzo di drammatizzare ogni avvenimento, descri-
vono con termini di sprezzo le navi di Colombo e infondono così nelle
menti altrui il concetto che si sia trattato di costruzioni buone a nulla.
E dire che ciò lo fanno col deliberato proposito di rendere più evidente
il merito del Grande Navigatore, senza riflettere, invece, al grave pregiu-
dizio che arrecano alle sue spiccate doti organizzative e alla sua insu-
perata perizia marinara.