Page 74 - SCIENZA IN CITTA'
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                                                                    Bruno Rossi (a sinistra) accanto a Herberi
                                                                    Bridge: costretto a lasciare l'Italia nel 1938
                                                                    a causa delle leggi razziali, Rossi lavorò
                                                                    a Manchester, in Inghilterra, e poi presso
                                                                il Massachussets Institute of Technology
                                                                    (USA) a ricerche sul plasma.

aveva risposto che avrebbe acconsentito
solo a patto che Fermi attribuisse quelle
ipotesi a un vecchio e per nulla noto profes-
sore di elettrotecnica dell'Istituto. Ovvia-
mente Fermi non accettò questa bizzarra
condizione e certamente grande dovette
essere la sua delusione, qualche tempo do-
po, quando Chadwick annunciò di avere
trovato con un esperimento ciò che Majora-
na aveva intuito con la teoria. Questo at-
teggiamento sta alla base dell' esiguo nume-
ro di pubblicazioni scientifiche lasciateci da
Majorana; quelle poche che produsse, tut-
tavia, vengono giudicate di grande valore e
attualità, come la teoria sulle forze nucleari
che scrisse nel 1933 per insistenza di Hei-
senberg.
L'importanza dei lavori che si andavano
elaborando da parte della scuola romana
trasformò in breve l'Istituto di Fisica di via
Panisperna in un centro di attrazione per
celebri scienziati di tutto il mondo: uomini
come Bethe, Bloch, Bhabha, Feenberg,
London Moller, Placzec, Peierls, Teller e
tanti altri vennero a Roma a seguire semi-
nari e trascorrere lunghi periodi di studi.
N el1931 si tenne il memorabile Congresso
internazionale Alessandro Volta di Fisica
Nucleare, al quale parteciparono, fra gli al-
tri, Bohr, Bethe, la Curie, Gamow, Mott, il
grande Lord Rutherford, e, fra gli italiani,
Bruno Rossi, un altro maestro della fisica
italiana che lavorò per molti anni a Firenze.
In quel tempo i giovani componenti della
"scuola di fisica" si resero conto che, se dal
punto di vista teorico non erano secondi a
nessuno, era tuttavia necessario imparare
nuove tecniche sperimentali e alternarono
periodi di soggiorno all'estero a periodi di
sperimentazione in via Panisperna.
Nel corso degli anni Trenta si unì al gruppo
di Fermi quella che viene indicata come la
seconda generazione dei fisici della "scuola
romana": Gian Carlo Wick, Bruno Ponte-
corvo, Leo Pincherle, Ugo Fano. Ma non
tutti rimasero stabilmente a Roma. Il
gruppo si arricchì anche di un chimico,
Oscar D'Agostino, la cui competenza fu in-
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