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sulla soglia della porta del Convento, bensì ai piedi di quella Croce Iran-
cescana, che si ergeva sul piazzale prospiciente!
Con l'aggiunta o senza l'aggiunta della caduta in deliquio, il quadro
è sempre commovente e predispone alla pietà verso quei due poveri vian-
danti, che un giorno avrebbero dato splendore e ricchezza alla Spagna,
la Nazione sui cui domini il sole non sarebbe mai tramontato!
Ma la Storia non si costruisce a furia di scene patetiche, pur se, tal-
volta, il patetico emana dal naturale svolgimento di tal uni avvenimenti
storici. E, anzitutto, numerosi perchè premono e chiedono insistentemente
risposta: Perchè Colombo e il suo piccolo si trovavano sulla spianata di
quel Convento? Perchè così trasandati, affamati e stanchi? Da dove ve-
nivano e dove andavano? Quali erano i loro propositi?
La Storia, purtroppo, non può' rispondere a tali interrogativi non
avendo a sua disposizione materiale idoneo per farlo, ma, neanche a dirlo,
la tradizione popolare vi ha supplito con dovizia di particolari, spesso
ingenui e accomodanti e che fanno a pugni con la logica stessa dei fatti
e con la situazione dei luoghi.
Difatti, per mandare a monte buona parte delle scorie, appiccicate a
questo episodio della prima visita di Colombo a la Ràbida dalla leggenda
e perpetuate dalla tradizione popolare, basta un fatto semplice quanto
mai: l'esatta conoscenza dei luoghi.
Il famoso Convento - il quale ebbe non poca parte nelle vicende
colombiane che precedettero la Scoperta e che restò, poscia, eternato e
confuso nella gloria dello Scopritore del Nuovo Mondo - sorge in un
luogo completamente isolato, senza alcuna strada di transito riel raggio
di circa quattro chilometri e, per accedervi, bisogna recarvisi di proposito.
E se, in questo caso, la Realtà sconfessa la Tradizione, qualcosa biso-
gnerà pure immaginarla per collegare gli avvenimenti posteriori con gli
anteriori, ed allora interviene la formulazione d'ipotesi logiche le quali,
pur non affermando nulla, mettono le proprie armi a disposizione del
buon senso, affìnchè non si perpetuino false e insostenibili situazioni, nè
si tramandi ulteriormente la memoria di cose che solo la docile accoglienza
del pubblico grosso, nel lento succedersi dei secoli, è riuscita ad avallare.
Il Convento di S. Maria de la Ràbida, il quale deve la sua denomina-
zione non ad un eventuale potere taumaturgico verso gli affetti da rabbia,
ma, più probabilmente, al termine arabo rabita, che significa eremo, sorge
- come abbiamo già riferito - isolato, su di un poggio alto un po' meno
d'una quarantina di metri. Precisamente, il poggio, che si protende verso
Sud con la Punta del Convento, pur essendo visibile dal mare esterno, non
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