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colombiane in Terra spagnola, nelle rispettive qualità di protettori, di soste-
nitori, o di veri benefattori, possono rispondere a verità: da Luis de San-
tangel, cscriban de racion (Cancelliere e controllore della Casa d'Aragona),
una delle due persone altolocate cui, più tardi, Colombo inviò la prima
notizia della scoperta fatta, ad Alonzo de Quintanilla, Contador mayor
de cuentas de Castilla (una specie di ragioniere generale dello Stato spa-
gnolo); da Don Hernando de Talavera, Priore del Prado, presso Valla-
dolid, e confessore della regina Isabella, a Don Pedro Gonzalez de Men-
doza, Gran Cardinale di Spagna; dal domenicano Don Diego de Deza,
poi arcivescovo di Toledo, al gentiluomo aragonese Don Juan Cabrero,
Cameriere di re Fernando; dall'umbro Mons. Alessandro Geraldini, pre-
cettore dei Reali principini e poi primo vescovo di Santo Domingo, al
di costui fratello Mons. Antonio, Legato Pontificio presso i Sovrani di
Spagna; da Don Enrico de Guzman, Duca di Medina Sidonia a Don Luis
e la Cerda, Duca di Medina Celi!
Comunque, tutte le pratiche, per così dire, introduttive, dovettero
svolgersi prima del 20 gennaio I486, data citata da Colombo medesimo
per l'inizio del periodo in cui restò a disposizione dei Reali spagnoli, ma
una postilla autografa dello stesso, annotata in margine ad uno dei suoi
libri di studio, ci fa conoscere che nel I485 - si potrebbe supporre nei
primi mesi di quell'anno - Colombo era ancora in Portogallo, per il che
l’inizio del periodo introduttivo in terra spagnola si verrebbe a spostare
alla seconda metà di quell'anno. Siamo, al solito, nel campo delle ipotesi.
Il bello di questo periodo della storia colombiana - storia per modo
di dire - è che, fra l'offerta del progetto al Portogallo e quella alla
Spagna, alcuni biografi, e fra i più rinomati, collocano l'offerta alla Re-
pubblica di Genova e, successivamente, quella alla Repubblica di Venezia,
le quali - sarebbe del tutto ovvio farlo rilevare - rifiutarono. Genova,
per la scarsa fiducia riposta nelle imprese oceaniche, a causa della lezione
avuta un paio di secoli prima con la spedizione dei fratelli Vivai di e,
altresì, per avere in quel tempo il pubblico tesoro addirittura esausto;
Venezia, perchè l'impresa riguardava paraggi troppo fuori mano della
zona della propria influenza politica e commerciale.
Non esiste alcuna traccia, nè alcuno indizio di qualsiasi natura, per
fare ritenere storiche o, per lo meno, probabili, tanto l'una quanto l'altra
proposta e ci sorprende non poco come esse abbiano potuto essere circon-
date da largo credito presso i posteri.
Secondo noi, si tratta di leggende create da nostri connazionali a
scoperta già da tempo avvenuta, per giustificare di fronte agli occhi del
ondo il comportamento di questo Italiano che, di punto in bianco, con