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di S. Nicolao, l'Ammiraglio diede quel nome al nuovo porto scoperto.
Il giorno 7 uscì ancora in mare, per scorrere la costa in direzione di
Nord-Est, finchè pervenne ad un Capo, che denominò Cinquin, e dal
quale si scorgeva per Nord-Est, alla distanza di circa 8 leghe, l'estremità
occidentale di quell'altra isola più piccola, già avvistata da Ponente nei
giorni precedenti ed alla quale doveva poi imporre nome Tortuga (Tarta-
ruga). Verso sera, entrò in un porto più piccolo di quello di S. Nicolao,
porto che, in omaggio alla Vergine Santissima Immacolata, la cui festa ri-
correva l'indomani 8 dicembre, battezzò Puerto de la Concepci6n.
Veniva giù una pioggia dirotta, mossa per di più dal vento, sicchè,
non potendo sbarcare, tutti rimasero a bordo. La tinta dell'atmosfera, la
forma delle nubi, la durata degli acquazzoni ricordavano loro l'ottobre
castigliano e, analogamente, tutto ciò che avevano potuto vedere in quei
tre giorni, come le vallate estesissime, le campagne amenissime con alberi
non molto grandi, le montagne altissime e la costa generalmente elevata
sul mare, ricordava la Spagna. Anche i pesci, che avevano pescato presso
quel litorale, ricordavano quelli delle coste di Spagna e, persino, il canto
dell'usignolo e degli altri uccellini richiamava alla mente e al cuore la
Spagna lontana.
L'Ammiraglio diede, pertanto, a quella grande terra il nome di Espa-
ñola, ossia Piccola Spagna.
Nessun contatto fino a quel giorno coi nativi. Quelli che erano stati
scorti nei dintorni di S. Nicolao erano fuggiti all'appressarsi degli Spagnoli
e, poichè neppure nei dintorni della Concepci6n si scorgeva alcuno, l'Am-
miraglio giudicò che i villaggi degli indigeni dovessero sorgere nell'interno
in posizione tale, da cui potevano vedere l'approssimarsi delle navi e così
porsi tempestivamente in salvo con la fuga. D'altra parte, anche gli In-
diani che recava a bordo mostravano gran paura degli abitanti di Caniba,
i quali - secondo loro - dovevano abitare quella terra cui stavano dinanzi
o altra situata al di là di essa.
Da questi fatti, l'Ammiraglio traeva la convinzione che pur gli abi-
tanti dell'Espafiola dovessero nutrire la medesima paura ed annotava sul
Giornale: « Caniba non è altro che il popolo del Gran Can, i cui domini
debbono trovarsi molto vicini e siccome i prigionieri che questi fa razziare
nelle isole non tornano più indietro, gli isolani ritengono che essi ven-
gano divorati».
Come può rilevarsi, Colombo cercava sempre di spiegare ogni fatto
che colpisse la sua o l'altrui attenzione e, se talvolta la spiegazione lo la-
sciava dubitoso, sopraggiungeva subito dopo un'aggiunta correttiva, ch'era
l'espressione del suo spiccato buon senso. E così, di seguito al brano testè
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