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Juan Perez era allora il Padre Guardiano di quel Convento. Da gio-
vane era stato al servizio, in qualità di contabile, della pia regina Isabella
e, anzi, n'era stato in seguito confessore, e ciò spiega la grande stima e
considerazione in cui lo teneva la Sovrana. Uditi i motivi che avevano
provocato l'esasperazione del Genovese e non essendo, a differenza di
Padre Marchena, intenditore di cosmografia, mandò a chiamare la per-
sona più colta ed erudita del luogo, l'unica che potesse vantare al proprio
attivo un regolare corso di studi superiori. Si trattava del medico di Palos,
Garcia Fernandez.

    Colombo espose per l'ennesima volta le proprie idee e le premesse su
cui fondavasi il proprio progetto, non tralasciando le proprie aspirazioni e
e le proprie speranze al riguardo. Riassunse, più rapidamente che potè, le
vicende corse fino a quel momento e si vede che, dal colloquio a tre, do-
vette balzar fuori l'idea più conciliante, più patriottica e più sennata che
potesse concepir si in simile frangente: fare un ultimo tentativo, serven-
dosi dei buoni mezzi di cui poteva disporre Padre Perez.

    Perchè si doveva lasciare che questo ardito e infervorato straniero si
recasse all'estero per offrire ad altri monarchi il proprio disegno, nonchè
la prestazione della propria opera per tradurlo in atto? E se c'era da mie-
tere gloria nel campo della scoperta di terre, perchè non riserbarIa alla
N azione spagnola, così da renderIa ancor più illustre e famosa nel mond~?

    Detto fatto. Il buon Padre Perez scrisse una deferente missiva alla sua
affezionata Sovrana, cercando in pari tempo d'impressionarne la sensibilità
di buona cattolica e pregandola, ove nulla ostasse, di affrettare la conces-
sione del Reale assenso all'impresa che lo straniero Colombo desiderava
assumersi e che, col previsto risultato felice, avrebbe apportato nuovo
lustro alla patria comune.

    La lettera venne affidata per il recapito al pilota Sebastian Rodriguez
de Lepe, il quale corse al campo dei Reali, stabilito nelle vicinanze di
Granata dove, nell'agosto del 1491, era sorta la cittadina di Santa Fe. La
Reale risposta non si fece attendere molto: la Sovrana invitava il suo
vecchio confessore a Santa Fe per conferire seco lui e, frattanto, lo pregava
di trattenere Colombo a « la Ràbida » e di far di tutto per impedirgli di
lasciare il suolo nazionale.

    Il buon frate, senza porre indugio alcuno, si procurò a prestito da
un certo Juan Rodriguez Cabezudo una mula e, con quella, corse al
campo dei Reali in Santa Fe di Granata.

    Gli effetti della calorosa perorazione della causa colombiana da parte
del Perez si cominciarono a veder subito dopo. Difatti, a distanza di un
paio di settimanae, tal Diego Prieto recava al medico di Palos, Garcia
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