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   tamente sulla Spagna (come avrebbe fatto nella traversata                                                                                                          77

   di ritorno del 1496), sarebbe stato costretto a navigare quasi           ro posizione. Tutti, Colombo incluso, pensavano di essere
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   sempre controvento, mentre questo lungo e continuo bor-                  l'opinione generale - dalla quale però divergeva quella del-
                                                                            l'ammiraglio - essi si trovavano sul meridiano delle Azzor-
   deggio verso nord lo portò fino alla latitudine delle Bermu-             re orientali; Colombo invece valutò correttamente di trovar-
                                                                            si diritto a sud di Flores, e decise di tentare di raggiungere
   de, nella zona dei forti venti occidentali.                              una delle Azzorre.

   L'ultimo giorno di gennaio il vento girò a ponente. Quat-                   Rischiò di non riuscirei. Le due caravelle stavano navi-
                                                                            gando in un'area di tempo cattivo, in uno degli Inverni più
   tro giorni più tardi l'ammiraglio, dopo aver stabilito con un            freddi e tempestosi mai registrati: un inverno durante il
                                                                            quale centinaia di vascelli fecero naufragio, il porto di Ge-
   semplice rilevamento a vista della stella polare di aver rag-            nova gelò, e le navi rimasero immobilizzate in rada a Li-
                                                                            sbona per mesi. Il centro di un'area di pressione particolar-
   giunto la latitudine di 37 gradi nord (quella del capo San               mente bassa stava passando a nord delle Azzorre con venti
                                                                            da sud-ovest a ovest dell'intensità di una vera e propria
   Vincenzo), mentre in realtà si trovava a quella di Gibilter-             tempesta (forza nove-dieci della scala Beaufort), e le cara-
                                                                            velle dovettero attraversare tre fronti di maltempo.
   ra, volse la prua direttamente a est. Tuttavia, a causa della
                                                                               Il 12 di febbraio, la Niiia ridusse al minimo la superficie
I  declinazione magnetica della bussola, la sua rotta era in ef-            velica e filò col vento in poppa, manovrando con grande fa-
   fetti di circa 80 gradi, ossia la posizione adatta per incrocia-         tica. Il vento calò leggermente il mattino dopo, poi riprese,
                                                                            e la Niiia si trovò ad attraversare mari paurosamente mossi.
I re le Azzorre. Il tempo si volse al freddo e raffiche sostenu-            II sistema isobarico era sconvolto, come nell'uragano «Ed-
               te cominciarono a soffiare. Per quattro giorni le caravelle  na» che infuria adesso, mentre sto scrivendo (1954). Ciò
   tennero una media di 150 miglia, e per un periodo di venti-              fece sì che i venti opposti vennero a trovarsi vicini: i mari
                                                                            avversi che ne risultarono generarono pericolose onde pira-
   quattro ore quasi di 200 miglia, a tratti raggiungendo una               midali che spazzarono le caravelle da prua a poppa; in più,
                                                                            la Niiia aveva poca zavorra, a causa dello svuotamento del-
   velocità di undici nodi.                                                 le sue stive. Con le sole vele basse terzarolate e quelle alte
                                                                            tutte ammainate, essa navigò verso nord-est, mentre l'am-
   Ancor oggi è considerato un fatto notevole che un'imbar-                 miraglio e il capitano Vicente Pinzon si alternavano nei tur-
                                                                            ni di guardia sul ponte, tenendo d'occhio ogni ondata per
   cazione a vela della lunghezza della Niña e della Pinta arri-            poterne avvertire in tempo il timoniere. Un solo errore da
                                                                            parte dell'uno o dell'altro, e la caravella avrebbe straorzato
   vi a undici o dodici nodi; queste caravelle stavano dunque               e dopo essersi rovesciata sarebbe colata a picco; e la Pinta
                                                                            non sarebbe mai riuscita a raccogliere i superstiti con un
   veleggiando al massimo delle loro possibilità. Correvano                 mare simile.

   portate da un bel vento teso su un'acqua di un blu profondo,                La notte seguente, fra il 13 e il 14 febbraio, le due cara-

   orlata di spuma bianca. Si aprivano la rotta in luminosi

   giorni assolati e notti brillanti con Orione e le altre costella-

   zioni familiari che sembravano richiamarle verso casa. No-

   nostante le avversità che più tardi si trovò a dover affronta-

   re, è difficile per un vero marinaio compiangere Colombo,
   dal momento che egli poté almeno godere di un tempo idea-

   le per la navigazione in quasi tutti i suoi viaggi. Tuttavia

   egli subì alcune prove assai ardue, e una di queste accadde

   proprio a questo punto della traversata di ritorno.

   Il 7 di febbraio, al tramonto, il vento da occidente calò, e

   per due giorni le caravelle ebbero venti variabili e avanza-

   rono molto lentamente. Il 9 di febbraio furono finalmente in

   grado di riaccostare a est. Il giorno seguente i timonieri e i

   capitani tennero una discussione da nave a nave circa la 10-
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