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3. L'esplorazione di Cuba
QUANDO Colombo adottava una volta una teoria geografica,
li era poi quasi impossibile rinunciarvi. A questo punto,
opo aver esplorato a fondo Hispaniola, egli si era reso ben
onto che l'isola non presentava alcuna somiglianza con il
iappone descritto da Marco Polo. Tuttavia, se il Cibao
on era il Cipango, poteva forse essere Saba, il regno di
fir, donde era venuta la famosa regina con doni per il re
alomone. In ogni caso, Cuba non era forse un promontorio
ell' Asia? Era ciò che i sovrani gli avevano ordinato di ve-
ficare. Nella Lettera del primo viaggio, egli si era riferito
Cuba come a un'isola, ma anche come a una provincia del
atai; in seguito, era arrivato alla conclusione che Cuba do-
esse essere la provincia cinese del Mangi, il nome dato da
Marco Polo a tutta la parte meridionale della Cina.
Così, una volta inviato Hojeda nel Cibao, l'ammiraglio
vestì nuovamente i panni a lui congeniali dell'esploratore.
a più che collaudata Niiia fu ancora una volta la nave am-
miraglia; gli altri due vascelli della flotta cubana furono il
an Juan e la Cardera a vele latine. Descritti come « assai
iù piccoli» della Niiia, potevano portare un equipaggio di
4-16 persone, contro le 28-30 della nave ammiraglia. La
iiia stazzava 55-60 tonnellate, e misurava ventitré metri
rca; le due caravelle più piccole dovevano quindi stazzare
meno di 40 tonnellate ed essere lunghe poco più di quindici
metri. Come ufficiali, Colombo scelse uno dei leali Nifio,
edro de Terreros e parecchi altri veterani del primo viag-
io. Della spedizione facevano parte anche Michele da Cu-
eo, alle cui testimonianze la storia dei viaggi colombiani è
rgamente debitrice; Juan de la Cosa, cartografo e abile na-
igatore; « Diego Colén », il taino convertito che aveva or-
mai l'incarico di interprete ufficiale, e un sacerdote di cui
on si conosce il nome.
Le tre caravelle salparono da Isabela il 24 aprile 1494.
ra la stagione migliore per la navigazione delle Grandi