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del mare ed al mattino, proprio alle prime luci, la vista,
allargatasi d'un tratto come per miracolo, rivela - ancora
molto lontana, al di là del mare - Napoli con le sue isole
ed il Vesuvio che vomita fuoco. Dopo un quarto d'ora
tutto svanisce, come se si trattasse di una visione perdutasi
fra le nubi, e non si vede che cielo e mare.

     Dopo due ore di viaggio attraversiamo la frontiera
napoletana e, saziato con qualche difficoltà l'appetito dei
più voraci soldati e funzionari di dogana del mondo, en-
triamo, attraverso un varco privo di porta, nella prima
città napoletana, Fondi. Se volete un perfetto esempio di
squallore e di miseria, prendete nota di Fondi.

     Un sozzo rigagnolo di fango e spurghi serpeggia nel
bel mezzo della lurida strada principale, alimentato da
osceni rivoli che colano dalle case cadenti. Non vi è, in
tutta Fondi, una porta, una finestra, un uscio, non un
tetto, un muro, uno stipite, un pilastro, che non siano in
rovina, sconquassati, marciscenti. Parrebbe che tutti gli
assedi e i saccheggi che la sventurata città subì ad opera
del Barbarossa e di altri siano storia di un anno fa; ed è
uno degli enigmi di questo mondo il fatto che i cani ma-
cilenti che s'aggirano furtivamente per la miserabile strada
siano ancora vivi, senza che nessuno li abbia divorati.

     E la gente, che guance scavate, che sguardi torvi!
Tutti mendicanti, ma questo sarebbe niente. Guardateli
mentre si affollano attorno a voi: alcuni sono troppo pigri
per scendere le scale o forse diffidano fin troppo saggia-
mente degli scalini per avventurarvisi e dalle finestre più
alte stendono, fra lamenti, le scarne mani; altri si affol-
lano attorno a noi, dandosi colpi e spintoni e chiedendo

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