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i va a Napoli, dunque! E valichiamo la soglia
               della Città Eterna a quella porta laggiù, la por-
               ta di San Giovanni in Laterano. Una superba
               chiesa ed una rovina cadente sono gli ultimi
due oggetti che attirano l'attenzione del viaggiatore che
parte ed i primi due che attirano l'attenzione di quello
che arriva: due buoni simboli di Roma.
     La nostra strada passa attraverso la Campagna, che
appare più solenne in una giornata luminosa ed azzurra
come questa, che sotto un cielo più cupo: le rovine che
si allungano in gran copia si presentano più nitide
all'occhio ed i raggi del sole, passando attraverso gli
archi degli acquedotti spezzati, ne rivelano altri che die-
tro di essi splendono malinconicamente in lontananza.
Quando la abbiamo attraversata e da Albano ci voltiamo
a riguardarla, la sua superficie ondulata si estende sotto
di noi come un lago che ristagni o come un Lete ampio
e lento che scorra attorno alle mura di Roma e la se-
pari da tutto il mondo! Quante volte, nelle loro marce
trionfali, le legioni hanno attraversato corrusche codesta di-
stesa purpurea, ora così silenziosa e deserta! Quante volte,
con una stretta al cuore, le colonne dei prigionieri hanno
rivolto lo sguardo alla città ancora lontana e ne hanno
visto gli abitanti riversarsi fuori delle mura, a salutare il
ritorno di chi li aveva vinti! Quali folli gozzoviglie, ed
orge, e delitti, hanno imperversato negli immensi palazzi

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