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dall'altro: con la tendenza. anzi, a porre l'attenzione del po- economico e che spinge a trovare nella macchina a vapore
tere pubblico, con particolare vigore, sulla seconda fase del
processo, attinente appunto alla innovazione tecnologica.
Tale situazione oggettiva tende ad avvicinare le strutture
pubbliche preposte alla ricerca a quelle investite dei compiti
di direzione della politica economica (soprattutto attraverso
l'inserimento dei temi della ricerca scientifica e tecnologica
fra quelli che costituiscono l'oggetto e il contenuto tipico
della programmazione).
Lo schema tipico della organizzazione dei pubblici poteri
per la 'politica della ricerca scientifica e tecnologica' può
considerarsi, a grandi linee. il seguente:
l) organi interministeriali di pianificazione settoriale (Co-
mitati dei Ministri) preposti alla determinazione degli indi-
rizzi generali di politica della ricerca, in connessione con
obiettivi e strumenti della politica di programmazione eco-
nomica;
2) organi di Governo investiti di compiti generali di indi-
rizzo, vigilanza, controllo, sulle attività di ricerca scientifica
condotte dai pubblici poteri (in taluni ordinamenti si tratta
di Ministeri specializzati, in altri di organi interni alla Presi-
denza del Consiglio dei Ministri);
3) enti di coordinamento a competenza generale per l'atti-
vità di ricerca (Consigli nazionali delle ricerche):
4) enti e organi interni alla pubblica amministrazione
preposti a specifici interventi operativi di ricerca.
Tale schema, al quale corrisponde in sostanza la struttura
istituzionale della ricerca nei principali Paesi progrediti,
tende a modificarsi ulteriormente nel senso di una specifica
assunzione di responsabilità, al livello di organi di Governo
e di enti specializzati, anche relativamente alla introduzione
delle innovazioni nel processo produttivo.
SVILUPPO ECONOMICO, INNOVAZIONE
TECNICO-PRODUTTIVA, RICERCA SClEì\TIFICA
Politica della scienza e innovazione tecnologica. Per i Paesi
più avanzati oggi, in definitiva, il problema è quello di inse-
rire la politica della scienza e dell'innovazione fra gli stru-
menti della più generale politica economica. Questo pro-
blema si è sempre fatto sentire in modo particolare nei Pae-
si che hanno superato un certo stadio dello sviluppo eco-
nomico, corrispondente in generale alla seconda fase del-
l'industrializzazione, dato che la politica della ricerca è
strettamente collegata alla strategia dell'innovazione tecno-
logica. Condizione necessaria della riproduzione e dello svi-
luppo di una economia industriale è infatti l'aumento, sia
in assoluto, sia in proporzione alla forza di lavoro impiegata,
del capitale fisso, cioè di macchine e impianti. Al crescere
della tecnica questo non si è potuto ottenere mediante il
semplice ampliamento della dotazione 'tradizionale', ma ha
richiesto, secondo una legge di sviluppo dell'efficacia degli
strumenti tecnici che cresceva in proporzione quasi georne-
. trica, tre fattori di salto quaìitativo: 1) l'automatizzazione
del processo produttivo, fino al limite dell'automazione;
2) nuovi processi e nuovi materiali; l'aumento della produ-
zione conseguenza di questo impiego di capitale ha richie-
sto un ampliamento progressivo del mercato, ottenibile par-
ticolarmente mediante l'immissione di 3) nuovi prodotti.
Tutti questi fattori possono essere soddisfatti nella misura
in cui vi è disponibilità di ricerche a lungo termine, e quin-
di un ampliamento degli orizzonti tradizionali dell'innova-
zione, che, in connessione anche alla necessità del capitale
di pianificare il proprio sviluppo, richiedono l'utilizzazione
della ricerca fondamentale, tipicamente pubblica, e una po-
litica adatta a questo scopo. L'elemento catalizzatore (il
trigger) dell'innovazione è spesso l'alto costo, determinato
per lo più dalla scarsità, di determinati fattori della pro-
duzione. Si può trattare del blocco navale che l'Europa di
Napoleone subisce a opera dell'Inghilterra e che costringe
a trovare un surrogato alle impossibili importazioni di canna
da zucchero; cosi come si può trattare dell'accresciuto costo
relativo dei trasporti di fronte all'accrescersi dei traffici
industriali e commerciali che costringe a trovare nel sistema
ferroviario uno strumento di maggiore efficienza produttiva
e distributiva; oppure si può trattare della scarsità di energia da organizzare per verificare il campo di tali possibilita.
che si fa sentire sempre-più in presenza di un forte sviluppo
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lo strumento che allenta la stretta di tale scarsità; cosicome
si può trattare dell'aumentato costo, assoluto e relativo, del
fattore lavoro umano (nella colonizzazione degli Stati Uniti
vi fu di fatto una scarsità del fattore lavoro), che spinge
gli imprenditori a sostituirlo con macchine.
Ciò ha fatto si che progressivamente si sia passati dal
semplice accoglimento delle innovazioni a un atteggiamento
attivo di promozione e programmazione dell'innovazione in
vista di determinati obiettivi (politici, economici, sociali
militari). È cioè la coscienza della quantità e complessità dei
problemi che caratterizzano le moderne società industriali
che porta a far esplodere l'importanza dell'innovazione e ad
affrontare in termini di ricerca (tecnica e organizzati va) le
diverse situazioni e le diverse prospettive di sviluppo.
Si può dire che, al sorgere delle moderne società industriali,
le grandi innovazioni (le nuove fonti di energia; i nuovi
sistemi di trasporto; l'applicazione alle macchine dell'ener-
gia non animale: i nuovi prodotti di sintesi, ecc.) matura-
vano quasi spontaneamente, insieme al maturare di condi-
zioni favorevoli. Oggi, ancora prima di acquistare coscienza
e consapevolezza della progettabilità dell'innovazione (de-
cisiva o marginale che essa sia), ci si rende conto sempre più
che essa costituisce in larga misura quel tessuto connettivo
che consente allo sviluppo economico di procedere con un
minimo di continuità.
I Paesi in via di sviluppo (fra i quali, per suggerire un
riferimento, si potrebbe mettere l'Italia fino al 1964) pos-
sono perseguire obiettivi di sviluppo, anche rapido, esi-
mendosi dal produrre innovazione, ma pur sempre accettan-
dola e dovendo in qualche modo scontarne gli effetti. Ma le
società più mature intanto possono restare in posizioni di
avanguardia e agire da vettori del processo di sviluppo mon-
diale in quanto riescono ad alimentare in continuità i pro-
cessi attraverso i quali l'innovazione viene prodotta e messa
in circolo.
A mano a mano che un settore produttivo diventa tradi-
zionale (con l'affinarsi delle sue tecniche produttive: col
collaudarsi dei suoi metodi organizzativi; col definirsi dei
suoi mercati; col codificarsi insomma delle regole del gioco
produttivo e commerciale) aumenta il numero dei Paesi in
grado di entrare nel settore con buone prospettive di mero
cato e diminuisce quindi, in senso assoluto e I o relativo.
la redditività del settore in questione per le società industriali
più mature. Di qui l'esigenza di alimentare in continuità il
processo innovativo. All'esigenza si accompagna, oggi, di
fatto, la possibilità di individuare non casualmente, ma in
base a precise strategie e alle particolari situazioni 'tattiche',
la complessa serie di campi in cui è possibile intervenire per
assicurare le innovazioni necessarie ad alimentare la con-
. tinuità del processo produttivo.
A questo punto è abbastanza evidente che il problema,
quando si parla di politica della scienza, non è quello di
mettere in atto una politica che consenta agli scienziati di
portare sempre più avanti le frontiere del sapere. Certa-
mente questo è un obiettivo ottimo che, in certa misura, va
comunque perseguito sia per fini ideali sia per fini pratici.
Quello che si vuole mettere in luce è che, dal punto di vista
della più generale politica economica, parlare di politica
della scienza vuoI dire fare riferimento a tutti quegli Stru-
menti, organi o interventi che consentano di trasporre nella
produzione, nell'organizzazione produttiva (e persino socia-
le), il massimo possibile delle nuove conoscenze acquisite
dagli scienziati. Ed è quindi il problema più attuale dei Paesi
più maturi quello di darsi strumenti (politici, istituzionali.
operativi) idonei a perseguire un tale obiettivo.
In realtà, pur di fronte all'esplodere della ricerca e del~
l'innovazione, sia tecnologica sia organizzati va, anche nel
Paesi più maturi si è poco più che all'avvio di una politica
consapevole della scienza e dell'innovazione.
Si potrebbe dire che si è nella fase in cui è più chiara la
consapevolezza delle possibilità offerte dalla manovra della
politica scientifica, che non la consapevolezza degli stru-
menti da usare, delle decisioni da prendere, delle competenze
.Il fatto è che la politica della ricerca è costosa, ma so-